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Ma è davvero la carenza di manodopera il problema?

Le “grandi dimissioni” continuano ed il loro impatto sulle aziende a livello globale, in tutti i ruoli, sta guidando una nuova visione delle politiche di sviluppo professionale dei dipendenti

Anche in Italia i lavoratori hanno sempre maggiore consapevolezza dell’importanza della formazione professionale e della necessità di sviluppare le proprie competenze al fine di orientare la propria carriera ed essere competitivi in un mercato del lavoro estremamente difficile.
A livello mondiale, la principale motivazione è per crescere nella propria azienda, da noi per cambiare società.
In realtà per la maggior parte dei dipendenti la formazione più desiderabile è quella erogata dalla propria azienda in quanto centrata sugli elementi reali e pratici dell’attività svolta, inoltre è utile per lo sviluppo delle proprie competenze ed innalza contestualmente il potenziale retributivo.
Vista dalla parte dei datori di lavoro, la formazione dovrebbe essere indispensabile per valorizzare le proprie risorse umane mantenendole in azienda ed accrescendo la produttività dell’impresa.
Dovrebbe. Purtroppo la formazione è sovente considerata un puro costo ed una perdita di tempo. E i risultati si vedono: incidenti sul lavoro che non diminuiscono, personale demotivato, prospettive di crescita professionale limitate o inesistenti e produttività al palo.

La formazione è invece un reale investimento e come tale deve essere serio, efficace e frutto di una visione di lunga durata.
Deve tenere conto dei bisogni espressi dai lavoratori perché non si deve dimenticare che i lavoratori sono sempre più consapevoli del valore strategico di investire nello sviluppo del proprio potenziale intellettuale e professionale.

Il datore di lavoro purtroppo spesso teme che gli investimenti effettuati per la formazione dei propri dipendenti vadano persi nel momento in cui la persona decide di cambiare azienda.
In realtà la maggior parte dei lavoratori in cerca di formazione è spinta dal desiderio di restare a lavorare nell’azienda attuale e le imprese che investono nella formazione del personale non solo traggono notevoli benefici in termini di aumento di produttività ma motivano anche i propri collaboratori a rimanere nella organizzazione.
In particolar modo in questo momento storico nel quale la concorrenza nel mercato del lavoro è molto forte e le imprese stanno lottando per adattarsi alle aspettative dei dipendenti, in rapida evoluzione e cambiamento dopo la pandemia.

È innegabile che i lavoratori ora vogliono un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e questo è una delle principali cause di abbandono, insieme a poche opportunità di avanzamento e di retribuzione ed a benefit inesistenti o non competitivi.

Ecco quindi che un’ampia gamma di fattori sta contribuendo a rendere complessa la situazione.
Ne è un esempio emblematico la promozione interna, che storicamente è sempre stata una componente fondamentale nella strategia di fare crescere le professionalità in azienda fidelizzando i dipendenti. Recentemente è emerso un problema non da poco per molti ruoli, soprattutto quelli chiave: non ci sono all’interno abbastanza persone da fare avanzare nella carriera.
E le sfide nell’attrarre e soprattutto trattenere le persone, in particolare quelle di talento, sono molteplici, con una forte concorrenza di mercato per ruoli a tutti i livelli.

Tra le tante soluzioni percorribili, uno dei pilastri per la soddisfazione delle persone è lo sviluppo professionale. Questo è in effetti il modo migliore per combattere l’elevato tasso di abbandono e per assicurare che i dipendenti sentano come reale la possibilità di sviluppo e crescita all’interno della organizzazione.

La crisi della pandemia ha indubbiamente esercitato una forte pressione sulle pratiche consolidate di gestione aziendale. Tra le tante ha imposto di eliminare le complessità insite nelle organizzazioni e di ridisegnare i ruoli dei dipendenti, con il duplice obiettivo di incontrare le loro aspettative e soddisfare le esigenze dell’azienda.

Una cosa è chiara: le sfide complesse di oggi non possono essere risolte solo con uno sforzo individuale, richiedono un grande lavoro di squadra.

E la retribuzione?
Negli obiettivi individuali la retribuzione riveste una importanza primaria, specialmente adesso che i valori reali dei salari sono diminuiti per la prima volta in questo secolo a causa dell’inflazione alle stelle, quindi non sorprende che il livello retributivo sia un fattore chiave per molti lavoratori.
In un mercato del lavoro competitivo le retribuzioni devono essere altrettanto competitive.

E la tecnologia?
È da sempre un fattore chiave per aumentare i livelli di produttività tuttavia molte piccole e medie imprese non possono o non vogliono aumentare gli investimenti nell’automazione e nella digitalizzazione delle catene del valore.
Investendo in tecnologia le organizzazioni possono supportare meglio i propri dipendenti nel ridurre la quantità di lavoro improduttivo e ripetitivo che questi devono affrontare, creando nel contempo luoghi di lavoro migliori e più gratificanti.
La tecnologia aiuta a comprendere e ad organizzare con precisione le diverse esigenze aziendali, permettendo la gestione tempestiva ed efficace delle criticità.

Diventa allora importante per i datori di lavoro porsi poche e semplici domande
L’organizzazione dispone di una strategia per colmare le lacune di competenze?
Il personale ha le capacità, tecniche e professionali, per soddisfare in modo rapido ed efficace i requisiti di sviluppo aziendale?
L’impresa considera una priorità migliorare il benessere dei propri dipendenti?
Si confronta la proposta di valore per i dipendenti con quella dei concorrenti?
Si coinvolgono i dipendenti nel reinventare il lavoro?

E l’abbondanza di persone prive di competenze per le mansioni ricercate?
Il dubbio è che il molto rumore intorno alla difficoltà di trovare candidati stia mascherando le vere sfide (e opportunità) che le imprese devono affrontare.
La rigidità dei processi di assunzione e di organizzazione dei luoghi e degli orari di lavoro limita fortemente le aziende nella ricerca di candidati con le competenze richieste.
Ed appare chiaro che le imprese devono superare la carenza di lavoratori qualificati rivedendo e ripensando il modo in cui affrontano questa situazione perché, mentre impera la carenza di profili qualificati, cresce l’offerta di manodopera generica.
Ecco dunque che l’unica soluzione al momento effettivamente praticabile è il predisporre seri programmi di formazione e di inserimento lavorativo, puntando fortemente alla crescita professionale di chi non ha competenza ed esperienza ed alla sua integrazione nell’organizzazione aziendale.

È un investimento oneroso, certo, ma non solo è la cosa giusta da fare, è soprattutto una decisione aziendale intelligente perché solo così si potrà competere in modo più efficace anche in un mercato a corto di personale.
Ed è anche una opportunità unica per le imprese di diventare il datore di lavoro più ricercato.