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Le prospettive vincenti

In ogni azienda le scelte strategiche devono essere incentrate sulle persone e sui collaboratori che con il proprio lavoro permettono alla società di crescere e di tradurre gli obiettivi in risultati. È sempre così?

Come avviene nell’ambito del Marketing, nel quale le note quattro P del Marketing Mix (il Prodotto, il Prezzo, il Posto e la Promozione) sono di guida per chiunque si occupi di temi e strategie in questo settore, anche nel campo delle Risorse Umane è in uso una sintesi simile.

Qui, per identificare i momenti ed i punti salienti delle strategie che le aziende devono adottare per migliorare il successo nelle relazioni con il proprio personale, le quattro P (la Posizione, la Prestazione, il Potenziale ed il Payroll) caratterizzano un approccio agli strumenti utili all’interazione tra l’organizzazione ed i lavoratori, puntando anche alla loro valorizzazione e soddisfazione.

Il personale è sempre al centro delle strategie?
Sembrerebbe di si.
La prima delle quattro P è la Posizione all’interno dell’organizzazione, ovverossia i ruoli ricoperti dalle persone con le loro competenze e mansioni e le relazioni gerarchiche e funzionali, così come definite nell’organigramma aziendale.
La posizione non deve essere rappresentata solo da una casella nella quale è collocato un nome, perchè c’è il rischio che le persone si isolino al suo interno e trovino più comodo dire “non è di mia competenza”. È fondamentale invece che ognuno conosca bene gli obiettivi ed i compiti del proprio ruolo ma, al tempo stesso, abbia una visione d’insieme dell’azienda e della connessione tra le diverse caselle per evitare di ragionare per compartimenti stagni.

La seconda P è la Prestazione, definita come la misurazione dell’efficacia dell’azione di ogni singolo lavoratore in funzione della posizione ricoperta e degli obiettivi ricevuti.
Il processo di valutazione della prestazione aiuta a definire quanto ed in che modo la persona ha partecipato al raggiungimento degli obiettivi dell’azienda.
È da sottolineare che, quando si parla di valutazione, si intende una procedura strutturata e ripetuta nel tempo per valutare le persone secondo criteri omogenei.
È altrettanto importante che gli strumenti messi in campo da chi gestisce le Risorse Umane siano condivisi e spiegati affinché non ci sia spazio per le interpretazioni soggettive.

La terza delle quattro P è il Potenziale della persona, inteso come la capacità che un individuo esprime o che potrebbe esprimere nello svolgimento delle attività previste dalla posizione che riveste. Sono quelle qualità, competenze ed attitudini inespresse che potrebbero permettere di ricoprire con successo altri incarichi, anche di maggiore responsabilità.
A differenza della valutazione della prestazione che è basata sull’osservazione dei risultati passati, questa sposta lo sguardo sul futuro e permette alle aziende di identificare i collaboratori ad alto potenziale e di motivarli, valorizzando le loro capacità ed aspettative.

Da non sottovalutare infine la quarta P, il Payroll, cioè tutto quanto ruota attorno alle attività di politica e gestione delle retribuzioni, con una specifica attenzione alla rilevazione ed elaborazione delle informazioni al fine di rendere più efficaci ed eque le analisi riferite ai diversi contesti aziendali e personali (livelli, mansioni, mercato del lavoro, etc.).

L’investimento sul capitale umano è funzionale al successo aziendale
Nell’evidenza che le strategie che derivano dalle quattro P di cui sopra sono funzionali al successo dell’organizzazione, le persone ne sono un elemento importante, sicuramente di peso, ma non l’unico.

Ecco quindi che il riconsiderare le quattro P delle Risorse Umane dal punto di vista del lavoratore anziché da quello dell’azienda diventa un interessante esercizio che ne cambia i connotati e le trasforma in Pecunia, Potere, Prestigio e Prospettive.

La Pecunia è il denaro, la pura e semplice valorizzazione economica del proprio lavoro, il netto in busta paga. Che piaccia o no questo è il numero che chiunque abbia uno stipendio guarda per primo. Ci sono naturalmente anche gli altri elementi che costituiscono il corrispettivo della propria prestazione lavorativa (welfare, benefit, premi, etc.) ma il compenso economico è una leva attrattiva e motivazionale molto forte, tanto che a volte attrae più mercenari che veri talenti.

La seconda P è il Potere che il lavoratore si è guadagnato all’interno della organizzazione, a testimonianza di una valutazione positiva delle proprie capacità, competenze professionali e potenzialità.
Il potere gratifica economicamente e chi ce l’ha, in un processo decisionale articolato, è di riferimento per i propri colleghi e collaboratori.

Il Prestigio, la terza P, è una qualità invece che viene riconosciuta alla persona in azienda, in famiglia e dagli amici sulla base della disponibilità di sapere e di potere e della capacità di esercitarli ed amministrarli con efficacia ed oculatezza. Il Prestigio permette di acquisire la credibilità e l’autorevolezza che il solo ruolo ricoperto nell’organizzazione e l’eventuale potere connesso non generano in modo automatico.

In ultimo c’è la P meno evidente ma più importante, quella che può realmente mettere tutto in discussione: le Prospettive.
Questa parola sintetizza le possibilità di crescita, le occasioni di sviluppo professionale e le probabilità di miglioramento di carriera.
In funzione di queste aspettative di evoluzione, sono sempre più numerosi i lavoratori che preferiscono realtà aziendali nelle quali non si è solamente un nome in un organigramma, anche se ben retribuito, ma si è parte attiva di una squadra che mira alla realizzazione di progetti impegnativi, che sviluppa attività di ricerca, che vede nell’innovazione continua un forte richiamo per i molti talenti che si candidano per lavorare in quella organizzazione.
È in queste realtà che la Pecunia, il Potere ed il Prestigio passano sovente in secondo piano.

La formazione è una gratificazione molto forte per la persona
Investire sul capitale umano, quello giusto e non necessariamente il migliore, è dunque la chiave del successo per l’azienda e nessun imprenditore investirebbe nelle persone senza una seria prospettiva di crescita dei propri collaboratori.
La formazione professionale continua è l’unica attività che genera nel lavoratore questa consapevolezza e che la rafforza nel tempo.