
La sindrome del minimo indispensabile
Quando al lavoro non si provano più emozioni, inizia il declino
La disaffezione silenziosa ma incombente dei dipendenti verso il lavoro è caratterizzata da una netta diminuzione o assenza di emozioni positive.
Questo fenomeno, seppur poco appariscente, può avere conseguenze devastanti per il benessere individuale ed il successo aziendale.
Si manifesta quando un lavoratore perde la motivazione e l’interesse per il proprio lavoro e si limita a svolgere i compiti strettamente necessari per mantenere il proprio posto, senza alcun coinvolgimento e senza proiettare entusiasmo o dedizione nello svolgimento del suo incarico.
Le conseguenze sono facilmente immaginabili: dal malessere psicologico al crollo della produttività e della innovazione, dalla mancanza di iniziativa all’aumento dell’assenteismo, dei ritardi e dell’avvicendamento, dalla riduzione della interazione sociale con colleghi e responsabili fino ai danni all’immagine aziendale.
Il declino è ampiamente annunciato. È anche per questo motivo che oltre il 50% degli imprenditori italiani teme che la propria azienda non riuscirà a sopravvivere per più di un decennio. Il dato è certamente preoccupante, aggravato dal fatto che la stessa visione pessimistica è condivisa dal 25% dei dipendenti e, tra questi, dal 44% dei giovani lavoratori.
Il clima aziendale è il termometro della salute della impresa
Senza una adeguata consapevolezza della situazione, complice la mancanza di coinvolgimento e motivazione dei dipendenti, la decadenza sarà graduale ed inesorabile.
Conoscere le esigenze e le opinioni dei dipendenti è infatti fondamentale per migliorare tutti gli aspetti della vita lavorativa.
Anche se è facile pensare che l’apatia o l’intenzione di abbandonare il posto di lavoro siano legate a tematiche retributive o di carriera, in realtà spesso le ragioni sono più importanti ma meno evidenti e sono rilevabili solo attraverso strumenti di ascolto più raffinati. Tra questi, l’analisi del clima interno è particolarmente efficace perché permette di capire che cosa pensano le persone dell’azienda e quindi, per esempio, di valutarne il senso di appartenenza ed il loro coinvolgimento emotivo.
Questo campanello d’allarme sta suonando per tante, troppe imprese incapaci di interpretare i chiari segnali di un fenomeno che mina la produttività, la creatività e la partecipazione dei lavoratori.
Le cause sono molteplici ma, in un esercizio di sintesi, le motivazioni più frequenti sono la mancanza di riconoscimento e valorizzazione dei dipendenti, l’assenza di dialogo costruttivo con i responsabili, un ambiente lavorativo stressante nel quale pressioni ingiustificate e conflitti interpersonali minano il benessere dei lavoratori, le scarse o nulle opportunità di avanzamento di carriera, la mancanza di formazione professionale e le inesistenti opportunità di apprendere e sviluppare nuove competenze.
L’analisi del clima aziendale non può e non deve dunque essere un’azione sporadica per gestire momenti di difficoltà. È necessario che diventi parte essenziale di un monitoraggio continuo capace di intercettare i segnali di malessere ed il management deve intervenire al più presto con i correttivi necessari per prevenirne efficacemente le conseguenze negative.
La volontà dei dipendenti di fare il minimo indispensabile è infatti più diffusa in quei contesti in cui i responsabili non sono in grado di conciliare gli obiettivi di business con le esigenze e le priorità dei lavoratori. Al contrario il fenomeno è meno frequente negli ambienti lavorativi nei quali c’è più empatia e condivisione tra manager e dipendenti.
Sono soprattutto i giovani a non essere più disposti a fermarsi al lavoro per fare straordinari (certamente retribuiti) o, più in generale, a farsi carico di responsabilità che vanno oltre le attività di loro competenza.
Dimostrare ai datori di lavoro di portare valore aggiunto all’azienda e di contribuire a incrementare la qualità dei prodotti o dei servizi offerti non è più così importante.
Per le nuove generazioni di lavoratori il denaro potrebbe non essere più la priorità, sorpassata dalla possibilità di avere più tempo a disposizione da dedicare a sé stessi.
Guidare le emozioni porta al successo
L’intelligenza artificiale non sostituirà le emozioni umane: le macchine possono svolgere compiti con efficienza ma mancano della capacità di provare e comprendere gli stati d’animo, elemento fondamentale per la collaborazione, la creatività e la risoluzione di problemi complessi.
In un mondo dominato dalla tecnologia, le capacità umane di relazionarsi, comunicare e gestire le emozioni faranno la differenza.
Le emozioni influenzano le decisioni e la produttività dei dipendenti e l’intelligenza emotiva e la creatività sono le chiavi che permetteranno loro di distinguersi dalle macchine e prosperare nel mercato del lavoro del futuro. Ignorare le loro emozioni ed il loro benessere può dunque avere conseguenze devastanti, anche per le aziende.
Troppi imprenditori ne sottovalutano o addirittura non ne capiscono l’importanza ed i segnali più preoccupanti arrivano dalle imprese di medie e piccole dimensioni, nelle quali una cattiva gestione ha conseguenze più immediate e dannose.
Le aziende che investono nel benessere e nello sviluppo professionale dei propri dipendenti e che sanno attrarre e trattenere i talenti saranno quelle che riusciranno ad affrontare con successo le sfide del futuro.
L’apatia lavorativa non è dunque una condanna ineluttabile
Il problema è serio e richiede un cambio di rotta radicale, una trasformazione che solo una leadership capace ed empatica riuscirà a guidare.
Se capacità e competenza dei leader sono qualità necessarie, l’empatia è la dote indispensabile che fornisce loro un valore aggiunto determinante. I leader empatici sono in grado di comprendere le emozioni dei propri collaboratori, creano un ambiente di lavoro sicuro e motivante e ottengono il meglio da ogni individuo.
Serve un impegno concreto da parte delle aziende a mantenere il focus sul proprio modello di business e innescare contemporaneamente un processo virtuoso di benessere, produttività e sviluppo per creare un futuro migliore per le persone e per l’impresa stessa. Una sfida epocale.